Lo Stile del Carro di Antonio Bove da “Il Carro a Ponticelli” – G. Mancini ed. Il Quartiere
Le prime “piramidi” di Ponticelli non dovevano quindi recare, sulle superfici, alcuna immagine (tranne ovviamente il simulacro di Maria alla sommità), tutto era affidato al vivace gioco di colori e geometrie di pieghe che abili artigiani, eredi di una tradizione artistica secolare, riuscivano a realizzare con grande effetto. Questo parametro via via si arricchì di sempre maggiori virtuosismi dando al Carro forme sempre più fantasiose.
Gennaro Iengo, in un suo articolo del 1914 così scrive: “sull’ossatura di legno, addobbi di arazzi in ricche ed artistiche pieghe e di cento rilievi e sottoquadri di bozze e fogliamenti d’oro”.
Il gusto per l’addobbo serico risulta imperante per molti decenni, anche se talvolta si riscontra un inserimento, nelle partiture architettoniche, di elementi figurali, quali angeli e simboli allegorici.
Nell’anno 1965 si registra una notevolissima trasformazione della forma e della decorazione; infatti viene introdotta, tra l’altro, la tecnica della cartapesta che sostituisce definitivamente l’addobbo serico. Si dà inoltre ampio spazio alla figurazione, ma l’insieme risulta talvolta freddo e poco gradevole. Anche i partiti architettonici non sono più gli stessi: un gusto goticheggiante, ricco di grafismi, è ben lontano dalle morbide riquadrature realizzati in drappi di seta e frange.
Si apre un nuovo gusto formale per il Carro che, progressivamente si consolida anche sul piano estetico.
Nel 1986 su proposta del Parroco Don Agostino Cozzolino e del pittore Carmine Adamo, la decorazione del Carro ha associato alla funzione principale di esaltazione della Protettrice, i contenuti della realtà evangelica contemplata e vissuta in quell’arco di tempo globalmente, da tutta la comunità parrocchiale di Santa Maria della Neve. Pertanto si è arrivati ad una nuova sintesi formale del Carro, definito appunto: Carro istoriato.
Il Carro, diventa segno di una realtà di fede efficacemente vissuta dalla comunità parrocchiale e nel contempo, quale simbolo più significativo della nostra festa patronale, nuovo per tematiche, ma rigorosamente legato alla consolidata tradizione del nostro folclore religioso.